Ricostruire la storia di luoghi che oggi rischiano di passare inosservati o che, per lo meno, appaiono immutabili in virtù della loro vicinanza e famigliarità, è uno dei principi che muove il Consorzio Culturale del Monfalconese, da un punto di vista sia culturale che sociologico.

In questo contesto è possibile collocare «Ad Aquas Gradatas. Segni Romani e Paleocristiani a San Canzian d’Isonzo», una delle pubblicazioni più interessanti che hanno segnato la storia editoriale dell’allora CCPP – Centro Culturale Pubblico Polivalente e della storica rivista «Il Territorio».

Scopri la nostra recensione!

L’anno è il 1991 e per la collana I Quaderni del Territorio viene pubblicato un libricino che, seppur dal formato ridotto, racchiude una delle narrazioni storico-archeologiche più affascinanti legate al territorio isontino.

Il volume si apre con un contributo di Mario Mirabelli Roberti, archeologo professore dell’Università di Trieste, che tra 1960 e 1969 diresse le campagne di scavo che si tennero a San Canzian d’Isonzo. Con uno stile appassionante, il professore ripercorre le tappe fondamentali delle scoperte archeologiche avvenute nel paese, a partire dai lacerti di una pavimentazione musiva recante una decorazione a soggetto zoomorfo (in particolare pesci, simbolo cristologico) rinvenuti nel sedime dell’attuale chiesa parrocchiale di San Proto. La narrazione si spinge poi fino alla ricostruzione storica delle vicende dei tre santi che, fino a quel momento, sembravano appartenere maggiormente al mito che alla realtà: i santi Canziani (Canzio, Canziano e Canzianilla).

I santi Canziani vissero tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C. e morirono martiri durante le persecuzioni perpetrate dall’imperatore Diocleziano agli albori della storia cristiana nella località chiamata, per l’appunto, Ad Aquas Gradatas.

Il racconto portato avanti all’interno di questo volume è emozionante, in una narrazione che va ad abbracciare anche il ritrovamento dei tre sarcofagi attribuiti ai tre santi nella campagna di scavo che, sempre sotto la direzione di Mirabella Roberti, si svolse a nord est della parrocchiale di San Canzian d’Isonzo. Grazie all’ausilio di piante, mappe topografiche e rielaborazioni grafiche incluse all’interno del testo, il lettore è in grado di riscoprire l’immagine di un’antica città romana, facente parte del circondario della ben più nota Aquileia, in cui si consumarono i sanguinosi fatti legati al martirio.

Oltre a questa sezione, il libro comprende anche ulteriori saggi che completano in modo esaustivo le ricerche ed il contesto di San Canzian d’Isonzo nel corso del III e IV secolo. In modo particolare, Claudio Zaccaria fornisce una buona cronaca, comprensiva di catalogo, delle testimonianze epigrafiche di età romana inerenti all’antica località di Ad Aquas Gradatas e, infine, Luisa Bertacchi approfondisce gli studi riportando in vita un’aggiuntiva decorazione musiva già rinvenuta negli anni Sessanta e documentata tramite delle fotografie. Nel 1985 i negativi degli anni Sessanta sono stati recuperati dalla Fototeca del Centro Culturale Pubblico Polivalente e pubblicati in positivo all’interno del libro qui recensito.

Campo “C”, scena marina, mosaico, San Canzian d’Isonzo
Campo “A”, ritratto di atleta n.2, mosaico, San Canzian d’Isonzo

Il grande pavimento decorato a mosaico recante un reticolo geometrico e, entro medaglioni, rappresentazioni di atleti citato da Bertacchi, ci parla di una realtà complessa, legata al culto e alle attività olimpioniche. Oggi, di questa spettacolare composizione restano soltanto le testimonianze fotografiche incluse nella pubblicazione. I mosaici originali sono andati perduti o distrutti, a causa di interventi edilizi che, all’epoca, interessarono l’area degli scavi.

Nonostante la profondità delle scoperte e la ricchezza degli apporti raccolti in questo volume, siamo consapevoli che ci sia ancora molto da fare per recuperare, conservare e valorizzare un sito archeologico come quello di San Canzian d’Isonzo! Speriamo che il nostro piccolo contributo possa riaccendere l’interesse della comunità accademica e riportare l’attenzione su un’area che, proprio in virtù della sua vicinanza ad Aquileia e delle testimonianze già di epoca antica, nulla ha da invidiare ai ben più celebri centri dell’archeologia romana antica.