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La bicicletta per scoprire e far crescere il territorio

di Francesco Furlan


Attivista ambientalista per la promozione dell’uso della bicicletta come forma di sviluppo sostenibile e di scoperta del territorio, da tre anni organizza uno dei principali “bike trail” italiani: un percorso a cavallo del confine italo-sloveno che permette a partecipanti di tutta Italia e dei vicini paesi europei di conoscere la parte più selvaggia del Carso e i suoi dintorni. Con l’obiettivo, tramite la fatica condivisa, la bellezza della natura e la scoperta di culture diverse, di avvicinare popoli e valorizzare le aree interne.

La relazione del territorio bisiaco con la bicicletta è sempre stata stretta e vitale. Nel secondo dopoguerra, con i primi risparmi e il diffondersi del benessere, la bici divenne una risorsa preziosa per migliorare la vita quotidiana, nelle aree urbane come in quella rurali. Permetteva di trasportare merci, raggiungere luoghi di lavoro più lontani, spostarsi con autonomia: un progresso semplice ma essenziale.
Solo in seguito, con il consolidarsi del benessere economico, la bicicletta è diventata anche simbolo di libertà, tempo libero e vita all’aria aperta.

Paesaggi rurali di confine. Sulle tracce dei gelsi storici

di Sonia Kucler

A Gorizia c’è un’interessante area rurale che si è preservata nel tempo grazie alla sua marginalità con valore paesaggistico, culturale e ambientale – dove il paesaggio rurale è composito ed i gelsi storici sono un elemento caratterizzante da preservare e incentivare – dove agire affinché questo schema tradizionale non si frantumi – dove è utile potenziare le siepi e gli impollinatori – dove la biodiversità coltivata è speranza per il futuro alimentare – dove il proprietario, l’agricoltore sono i veri custodi del territorio.

La Galleria Rifugio di Monfalcone prima che diventasse mainstream (Prima parte)

di Pietro Commisso

Una leggenda metropolitana (di Provincia) della “Monfalcone – Far West”

Nasco come appassionato di storia militare della Grande Guerra, un argomento che ho considerato per anni nevralgico per delineare e comprendere molti caratteri fondamentali della Comunità cui appartengo.

Questo anche prima di iniziare a capirci qualcosa.

Il Territorio della Bisiacaria, come quelli limitrofi, è tuttora segnato dalle tracce di quell’immane tragedia, tanto che non occorre allontanarsi dal sentiero segnato per accorgersi di fenditure nel terreno di indubbia natura antropica e indiscutibilmente bellica. I paesi ne censiscono ancora molte, sia in pianura che nell’altopiano: maledette e bramate un tempo, trascurate e imbonite alla meglio poi, furono per decenni mete di curiosi, spesso mal giudicati dall’opinione pubblica del borgo limitrofo. Sonai, questo il giudizio perentorio. A volte lo erano, molto spesso no.

Infine, furono “scoperte “dagli esperti di turno: appena in tempo per il centenario della loro costruzione. Centenario che nel bombardamento a tappeto di pubblicazioni, conferenze, simposi, festival, manifestazioni è stato – spesso – incapace di spiegare.

A leggiucchiare, inoltrandosi nell’argomento Grande Guerra, ci si accorge che è impossibile evitare termini geomorfologici: doline, grotte. Poi, grotte riadattate, ampliate, o costruite ex novo coi denti delle perforatrici o il potere dirompente dell’esplosivo. La guerra necessitava di prontezza ed efficienza di tipo militare, non poteva certo aspettare le ere geologiche necessarie alle gocce d’acqua per sciogliere la roccia.
La tecnologia del ‘900, tutta, riportò gli uomini in divisa a vivere nelle caverne. Novella Preistoria. Di nuovo.
Barbaria Antica recitava una stele commovente e carica di retorica e ciò a cui alludeva non era dissimile all’argomento in oggetto.

Ma le Barbarie non sono anche molti valori umani primigeni?

Monfalcone, Via Rossini 1 – l’Ospedale che non c’è più

di Edi Maurizio Fedel

Ogni tanto, percorrendo a piedi Via dell’Istria, strada di recente realizzazione che, attraversando l’area su cui sorgeva l’Ospedale, collega Via Rossini a Via Aquileia, mi soffermo ad osservare i grandi alberi, alcune nuove costruzioni e, lì accanto, in un’area recintata, le macerie dell’Ospedale, rimaste sul campo e diventate colline alberate. In quelle colline c’è il “corpo” e la storia di quelli che furono i reparti di Chirurgia, Ortopedia, Ostetricia-Ginecologia e Pediatria. Osservando qua e là, ho tentato di collocare ciò che c’era e non c’è più, tranne la chiesetta che, in rovina totale, è ancora lì, “agonica”, quasi “morta”. Da sotto il filare dei platani, ormai centenari, l’immaginazione mi ha condotto a rivedere, sulla destra, i padiglioni di Ortopedia e di Ostetricia/Pediatria; davanti, invece, la cucina e la lavanderia, sulla sinistra i padiglioni, vecchio e nuovo, di Chirurgia, alle spalle Medicina e Radiologia. Nel giardino l’astrazione fantastica mi è apparsa come un’infinita animazione umana ed animale, qualche camice bianco che attraversava il giardino da parte a parte, alcune persone ricoverate che, nella bella stagione, sedevano sulle panchine coi i visitatori, uccelli canori, liberi e nelle gabbie, diffondevano il loro canto tra la vegetazione. Ho immaginato, purtroppo, ciò che nella realtà non è più tangibile, se non in qualche risparmiata essenza arborea, che profumava di tiglio, calicantus, o altro, nell’avvicendarsi delle stagioni. 

La Memoria della Salute

Cartolina anni 1960/70. Passo carraio, portineria e padiglione d’ingresso (a destra dell’ingresso, vicino al canale, il tiglio di cui si parla).

All’ombra del grande tiglio che sorvegliava l’ingresso della cittadella della salute di
Monfalcone, si poteva osservare il maestoso portale con la scritta “Ospedale civile”.
All’interno palazzine con i vari reparti e un gran via vai di gente, un giardino, una piccola
chiesa…
Oggi tutto questo è solo un ricordo.

Sagrado e la sua storia

Tra le diverse pubblicazioni edite dal Consorzio Culturale del Monfalconese, particolare attenzione merita la ristampa anastatica del volume “Sagrado e la sua storia”, scritto originariamente da Carlo Luigi Bozzi nel 1969 ed edito dalla Pro Loco su volontà dell’Amministrazione cittadina dell’epoca.

Il libro, ristampato una prima volta nel 1986, trova infine in questa edizione del 2006 un suo definitivo corpo rappresentando, ancora, un completo studio sulla realtà sagradese.

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PREVAL – Atti del convegno

Fra le pubblicazioni del Consorzio Culturale del Monfalconese va annoverato il volume (del 2014) degli atti dell’importante convegno “Natura e agricoltura nel Collio Goriziano – Il Preval” svoltosi a San Floriano del Collio nel 2012.

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Un Libro Per Un Fiore

La peonia del Carso di Alojz Rebula, 2005, Consorzio Culturale del Monfalconese

Nei Prati del Territorio

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Più che un libro possiamo definirlo un manuale di botanica popolare del Territorio.

Nel 2000 il compianto Dario Blasich con le pregevoli illustrazioni di Alfio Scarpa e con la collaborazione degli studenti dei corsi di botanica dell’Università della terza età del monfalconese (di cui Blasich era docente) pubblicò “Il quaderno delle buone erbe” che in 165 pagine – per i tipi del Consorzio Culturale del Monfalconese – ha analizzato le principali essenze botaniche spontanee del territorio tra i fiumi Isonzo e Timavo.

Ma nel libro non si elencano solo le essenze.

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La Palude dalla Sella

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L’area in cui sfocia il fiume Isonzo – grazie alla presenza di un gran numero di specie animali e vegetali – è divenuta in pochi anni un luogo fondamentale per lo studio delle migrazioni dell’avifauna e per l’educazione ambientale.

Il volume “Isola della Cona. Ambiente e fauna delle foci dell’Isonzo”, a cura della Lega Italiana Protezione Uccelli (Lipu) – sezione di Gorizia ed edito dal Consorzio Culturale del Monfalconese nel 1996, ci parla proprio di questo!

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